giovedì 6 dicembre 2012

La censura nel teatro di Molière

Molière ebbe non pochi problemi di censura per la messa in scena delle sue opere. Contro di lui si scatenarono violenti dibattiti e vi furono numerosi tentativi di screditamento della sua persona. Nei prossi articoli affronteremo i termini di una questione molto interessante e spinosa che faranno emergere la grandezza di Molière "uomo di teatro". Tratteremo le opere più "scandalose" e che gli diedero più problemi : La scuola delle mogli, Il Tartufo e Il Don Giovanni. 


 La scuola delle mogli.
L’inizio dei problemi per Molière avviene con la prima rappresentazione del La Scuola delle mogli, al Palais-Royal il 26 dicembre del 1662.
Secondo Cesare Garboli «in tutta la storia del teatro moderno non esiste documento di più lucida e oscura provocazione»[1]. La società parigina fu attraversata da una guerra a colpi di libelli satirici, di commedie di risposta e attacchi personali. Le battute che avevano scandalizzato erano oggetto delle conversazioni nei salotti. 

La commedia suscitò scandalo su più piani. Fu tacciata di oscenità a causa del doppio senso di Agnese (atto I, scena V): Arnolfo scopre che la sua allieva sposa ha ricevuto un giovane in casa e che gli ha preso qualcosa. Alle insistenti domande di Arnolfo del tipo «Cosa ti ha preso?», Agnese risponde tormentata e a più riprese con un «La…» che lascia intendere un doppio senso insopportabile per le caste orecchie dei detrattori della commedia. Alla fine Agnese confessa che il giovane gli ha preso la spilla.

Inoltre ci fu anche l’accusa di empietà a causa della satira sui prontuari religiosi dell’epoca che istruivano sulla condotta da tenere per una corretta vita coniugale (atto II, scena II). Per non parlare poi della battuta di Arnolfo nella prima scena del primo atto:

Io voglio che mia moglie sia così terra terra,
Cosi tonta e ignorante che se per caso, un giorno,
Si giocasse alle rime, e qualcuno chiedesse,
«Bambina, che ci metto dentro la tua cestina?»
Lei rispondesse, pronta: «Una torta alla crema?»


Questa battuta causò a Molière uno spiacevolissimo incidente: il duca di Feuillade lo incontrò nell’anticamera del re e con la scusa di voler parlargli gli prese la testa e strofinò il viso sui bottoni dell’abito, esclamando: «Tarte à la crème, Molière, tarte a la crème» e provocandogli alcune ferite.

Ma più che lo scandalo furono le gelosie e le invidie provocate dal successo di Molière che rubava terreno e fortuna alle altre compagnie, prime fra tutte quella dell’Hôtel de Bourgogne.
A dichiarare guerra fu Donneau de Visè che nelle sue Nouvelles Nouvelles, facendo la parte di colui che si schiera al disopra delle parti, si esprime in questo modo:

l’argomento è condotto in modo quanto mai peggiore, e sono pronto a sostenere che non c’è scena in cui non si possa far vedere un’infinità di errori.[2]
Più avanti aggiunge inoltre che Molière sa descrivere così naturalmente i cornuti perché appartiene a questi ultimi.

Molière risponde alle critiche dei suoi detrattori con la migliore arma a sua disposizione, il teatro. Il 2 giugno 1663 fa rappresentare la Critica della Scuola delle mogli, una commedia in stile di conversazione tra difensori e detrattori del La Scuola delle mogli. La risposta di Molière è dunque un resoconto delle opinioni del pubblico, amico e nemico, e una difesa delle sue intenzioni e posizioni.

Gli avversari decidono di contrattaccare usando lo stesso mezzo e agli inizi di ottobre all’Hôtel de Bourgogne va in scena Le Portrait du Peintre ou la Contre-Critique de l’Ecole des Femmes di Boursault. Si tratta di un rovesciamento di posizioni rispetto alla Critica di Molière che viene ridicolizzato insieme ai suoi amici. Otto giorni dopo Molière risponde con L’improvvisazione di Versailles, rappresentata a corte tra il 16 e il 21 ottobre e poi ripresa a Parigi al Palais-Royal. Questa volta il bersaglio sono gli attori rivali dell’Hôtel de Bourgogne e Molière pone un punto fermo con parole sagge e gravi:

Lascio di buon grado a loro le mie opere, il mio viso, i miei gesti, le mie parole, i miei toni di voce e il mio modo di recitare perché ne facciano e ne dicano tutto quello che vogliono, se possono ritrarne qualche profitto. Non mi oppongo affatto a tutto questo e sarò felice se farà stare allegra la gente, ma se lascio loro tutto questo, debbono farmi il favore di lasciarmi il resto e di non toccare argomenti del genere di quelli sui quali, a quanto si dice, mi attaccavano nelle loro commedie. Di questo pregherò educatamente quel bravo signore, che si prende la briga di scrivere per loro, e questa sarà tutta la risposta che avranno da me.[3]
Seguirono numerose e spesso velenose risposte ma Molière prestò fede alle proprie parole dell’Improvvisazione e non partecipò oltre alle polemiche. Era certo dell’appoggio di Luigi XIV che gli aveva assegnato una pensione di mille lire e aveva fatto un dono di quattromila lire alla compagnia.

Ci sono altre ragioni che giustificano una polemica così aspra che si protrasse per tutto il 1663? I motivi di questa contesa furono solo di ordine morale e di principio?

I motivi erano per la maggior parte di ordine pratico e vi erano molti interessi da difendere. Con La Scuola delle mogli Molière inaugurò un conflitto di generi. Con la sua commedia metteva in seria discussione la maggiore importanza del genere tragico su quello comico. Gli attacchi di cui Molière fu vittima erano indirizzati proprio alla volontà di voler mettere la commedia sullo stesso piano del genere comico. Secondo Cesare Garboli «Molière rubava spazio alla tragedia: entrava in concorrenza con gli attori dell’Hôtel de Bourgogne»[4]. La questione è molto pratica e riguarda la corsa agli incassi e alla spartizione delle pensioni elargite dal re. Molière, uscendo dai limiti della farsa e mettendosi sullo stesso piano del genere alto della tragedia, concorreva proprio nella spartizione degli incassi e dei favori della corte.

In effetti molti attacchi vanno a colpire non tanto i temi che fanno scandalo, ma la stessa capacità di Molière nel comporre commedie, cercando di respingerlo nella categoria del farçeur.
Alla fine di questa guerra teatrale è Molière ad ottenere i maggiori vantaggi: ottiene il favore del re e la nobilitazione del genere della commedia rispetto alla tragedia. Tutto ciò si rivelerà in futuro un’arma a doppio taglio, perché quello che poteva permettersi nella farsa e che in bocca ai comici italiani non destava alcuno scalpore, trasposto in un genere alto come quello creato da Molière veniva considerato inaccettabile.
Nel prossimo articolo passeremo al Tartufo e poi al Don Giovanni. 

[1] Garboli Cesare, La follia del buonsenso, in Molière, La scuola delle mogli, Teatro di Genova editore, Genova 1988, p. 22.


[2] Donneau de Visè, Novelle novelle, divise in tre parti, in Molière, La scuola delle mogli,    op. cit., p. 64.
[3] L’improvvisazione di Versaglia, in Molière, Teatro vol I, Sansoni, Milano 1993, p. 599.
[4] Garboli Cesare, La follia del buonsenso, op. cit. p. 24.

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